DISPENSA PUBBLICATA IN OCCASIONE DEL CORSO TENUTO PRESSO ACCADEMIA SMEG
Domenica 4 maggio 2014
accademia luce Smeg
via G. Di Maria, 73 - Palermo
in collaborazione con
"In poltronissima"
e
"Molini del Ponte" di F. Drago
DEDICHIAMOCI
AL PANE
MOMENTO DI CONDIVISIONE SULLA CONOSCENZA E PREPARAZIONE IN CASA DI UN ALIMENTO FONDAMENTALE PER UNA CORRETTA ALIMENTAZIONE
MOMENTO DI CONDIVISIONE SULLA CONOSCENZA E PREPARAZIONE IN CASA DI UN ALIMENTO FONDAMENTALE PER UNA CORRETTA ALIMENTAZIONE
La
panificazione è un processo biochimico attraverso il quale una popolazione di
microrganismi (lieviti e batteri) metabolizzano gli zuccheri semplici e
complessi presenti nella farina, così producendo acidi, anidride carbonica ed
alcol etilico.
I
protagonisti principali della panificazione sono:
La
farina
Il
lievito
acqua
ingredienti
secondari (sale, zucchero, malto).
La
farina,
ingrediente principale per la panificazione, è prodotta dalla macinazione dei
cereali. Il più utilizzato è il frumento che può essere sostanzialmente di due
tipi: tenero e duro.
La
farina di grano tenero, a norma di legge viene classificata, a seconda del
grado di raffinamento in:
·
farina
di categoria 00
·
farina
di categoria 0
·
farina
di categoria 1
·
farina
di categoria 2
·
farina
integrale
La
farina più raffinata è la 00, mentre quella integrale conserva tutti gli
elementi originariamente presenti nel chicco.
I
due elementi essenziali contenuti nella farina, che contribuiscono alla
panificazione sono l'amido (zuccheri
semplici e complessi) ed il glutine
(le proteine).
L'amido durante l'impasto assorbe i
liquidi, durante la lievitazione grazie all'intervento di alcuni enzimi si
trasforma in zuccheri semplici (saccarificazione), rappresentando così il principale
terreno di coltura dei lieviti; in cottura l'amido gelatinizza e forma la
mollica.
Il
glutine invece si ottiene attraverso
l'energia fornita dall'impastamento, e alla presenza di acqua. Con
l'impastamento le due proteine principali,
la gliadina e la glutenina si fondono dando vita ad un
reticolo molto strutturato che rappresenta l'impalcatura della massa lievitata.
Il glutine ha capacità estensiva quindi si comporta come una fitta spugna che trattiene
il gas prodotto dalla fermentazione degli zuccheri, riuscendo anche ad espandersi
sotto la sollecitazione del gas espanso per effetto del calore della cottura.
L'amido
ha una limitata capacità di idratarsi (circa il 30-35% del suo peso), rispetto
al glutine che è capace di assorbire fino al 200 % di acqua. Una farina che ha
un' alta capacità di idratazione é allo stesso momento una farina con una
elevata presenza di proteine, cioè di glutine. La "forza" della farina, costituita dalla sua qualità e quantità
di proteine, è una caratteristica che deve essere ben nota all'operatore, ed
essa coincide con la capacità di idratazione, ossia con la capacità della
farina di assorbire acqua.
Questo
è un aspetto molto importante da tener conto in quanto la farina, classificata
in base a queste sue caratteristiche, viene individuata per l'impiego nella
lavorazione prescelta.
La
forza della farina viene espressa in valori di "W":
La
conoscenza di questo valore (W), da come si evince dalla precedente tabella, è
essenziale per una precisa selezione della farina, in funzione della
lavorazione ed al prodotto finito che si vuole ottenere. Ne deriva che la
scelta della farina non può e non deve essere casuale. La determinazione di un
valore di W è facilmente ottenibile dal "taglio" di una farina forte,
con una più debole, a condizione che si conosca il valore di W delle due. A
titolo di mero esempio si riporta quanto segue:
Se abbiamo a
disposizione due tipologie di farine, una W240 e l' altra W400 e vogliamo usare
il 80% della prima e il 20% della seconda facciamo:
240
x 80= 19200
400 x
20= 8000
quindi
19200+8000 = 27200
27200
:100 = W 270
Quindi
possiamo stabilire che se tagliamo la farina W240 con il 20% della W400
otterremo un "W" finale pari a 270
Un'altra formula,
inversa, ci consente di sapere prima le percentuali di farina da usare per
ottenere un determinato W:
- si tenga
presente l' esempio precedente, cioè facciamo conto che possediamo una
farina W240 ed una W400
- si decide
quale "W" si vuole ottenere con la miscelazione di queste farine, ad esempio
un W330
- a questo
punto prendiamo il "W" della farina più forte e sottraiamo il W della
farina più debole,
quindi 400-240= 160
- dopo aver
ottenuto questo primo valore, prenderemo il W della farina più forte
e gli sottrarremo il W che vogliamo ottenere, quindi 400-330=70
- ora abbiamo
ottenuto i primi due valori che ci occorrevano, 70 e 160
- dividiamo il
2° valore ottenuto per il 1°: 70 : 160 = 0,4375
-
moltiplichiamo il risultato per 100: 0,4375 x
100 = 43,75
- 43,75% è il valore percentuale
della farina con il W minore
- mentre per
trovare la percentuale di farina da usare con W maggiore basta naturalmente
fare
100-43,75= 56,25
in definitiva possiamo dire che per ottenere un W
330 avendo a disposizione una farina con W240 ed una W400 basta miscelare:
43,75% di farina W240 e 56,25 di farina W400
Qui trovate un
documento con i W dichiarati dalle aziende per alcune farina in commercio:
Informazioni
presa da questo sito:
Il
lievito, comunemente
detto lievito di birra perché venne individuato per la prima volta nel 1680 nei
sedimenti degli scarti della produzione di birra. Oggi viene prodotto dagli
zuccherifici, attraverso un processo industriale, ed è propriamente detto
"lievito compresso", perché una volta prodotto viene pressato in
parallelepipedi di varia grandezza in base alle destinazioni commerciali. Come
materia prima per la preparazione del liquido di coltura del lievito viene
usato il melasso (di barbabietola), uno scarto della produzione di zucchero e
quindi a basso costo, alimento indispensabile per le cellule del lievito perché
ricco di elementi contenenti azoto, sali minerali, vitamine e di zucchero.
Il
melasso, derivato dall'industria zuccheriera ("melasso nero"),
contiene tutti gli elementi necessari per la crescita del lievito, ma anche
sostanze tossiche che vanno eliminate attraverso processi di purificazione per
renderlo utilizzabile.
Il
lievito di birra si trova in commercio in forma compressa (con il 70 - 72% di
umidità ) oppure in forma secca attiva (con un tasso di umidità intorno
al1'8%). I vantaggi dell'uso del lievito secco attivo rispetto al lievito
compresso consistono in una più lunga durata di conservazione (a temperatura
ambiente) e in una maggiore resa.
Esistono
due tipi di lievito secco attivo: il lievito disidratato da reidratare (in
forma granulosa o sferica) e il lievito istantaneo (in forma di bastoncini).
Naturalmente tali vantaggi possono essere facilmente azzerati da una non
corretta conservazione del prodotto.
Per
adoperare il lievito disidratato è necessario riattivarlo (reidratarlo
nell'acqua appena tiepida e poco zuccherata) aggiungendo a una parte di lievito
secco quattro parti della soluzione zuccherina (con il 5% di zucchero e il 95%
di acqua) a temperatura tra + 35° e +40°. Il lievito viene lasciato per circa 10
minuti nella soluzione zuccherina e quindi immediatamente usato nell'impasto.
L'utilizzo
del lievito secco disidratato permette l'impiego di dose basse (la quantità
necessaria per un impasto non condito è pari a circa il 50% della quantità di
lievito compresso) e garantisce tempi di conservazione più lunghi (in ambiente
fresco e asciutto). Per produrre il lievito secco istantaneo, i blocchi di
lievito compresso, usciti dalla pressa in forma di spaghetti, vengono sollevati
dal getto di aria calda (con temperatura più bassa rispetto a quello
dell'essiccatore). Con questo metodo (detto "a letto fluido"), l'essiccamento
del levito dura poco tempo, il lievito così ottenuto risulta meno danneggiato
dal calore e quindi più attivo e, inoltre, le sue particelle molto porose
permettono un elevato assorbimento d'acqua e di conseguenza il lievito può
essere aggiunto direttamente all'impasto non richiedendo reidratazione. A causa
dei suoi granuli porosi, il lievito
istantaneo è capace di assorbire l'ossigeno dell'aria che può provocare una
notevole perdita di attività. Per questo motivo deve essere confezionato sottovuoto
e la confezione, una volta aperta, deve essere consumata entro breve tempo.
La
quantità di lievito secco istantaneo da aggiungere nell'impasto è più bassa
rispetto a quella di lievito compresso (mediamente è pari a 1/3).
I funghi
noti come lieviti sono microrganismi d'enorme importanza . Queste specie sono
usate in tutte le parti del mondo tanto nel processo di panificazione tanto per
la produzione di bevande alcoliche fermentate (vino, birra, sakè e sidro).
In
generale i lieviti metabolizzano (trasformano) gli zuccheri semplici attraverso
due vie: a) via aerobica: in presenza di ossigeno; b) via anaerobica: in
assenza di ossigeno.
In
condizioni di aerobiosi (cioè in presenza di ossigeno), i lieviti operano la
respirazione trasformando gli zuccheri semplici in anidride carbonica, acqua e massa cellulare, ossia riproducendosi.
In
condizioni di anaerobiosi (cioè in assenza di ossigeno) i lieviti operano la
fermentazione producendo alcool etilico e anidride carbonica nella
trasformazione del glucosio. Questi non sono tuttavia gli unici prodotti
finali; sono possibili numerose derivazioni secondarie nel corso della
fermentazione. Tali sostanze, pur
essendo presenti in quantità ridotta, hanno spesso un ruolo importante nelle caratteristiche
organolettiche del prodotto finito.
I
lieviti, come abbiamo visto, sono esseri viventi, per cui la loro
"vita" durante la conservazione è influenzata dalla temperatura.
Temperature elevate determinano l'autolisi delle cellule, cioè causano
l'autodistruzione delle medesime. A 50°-60° questi microrganismi muoiono in
brevissimo tempo. In teoria il lievito compresso potrebbe essere congelato
senza che vengano danneggiati i suoi enzimi, maı una volta scongelato va
incontro a "liquefazione", conseguenza del danneggiamento subìto
dalle cellule durante il processo di congelamento. Si consiglia di non
utilizzare mai il lievito appena tolto dal frigorifero, ma di portarlo
gradatamente alla temperatura di lavoro. Così facendo, si permette alle cellule
del Saccharomyces cerevisiae di uscire dallo "stress" causato dal
freddo e di rivitalizzarsi. La conservazione del lievito può durare:ı
5 giorni
a 30°; 15 giorni a 20°; 1 mese a 10°; 2 mesi a 0°.
Le
reazioni chimiche che avvengono durante la fermentazione producono calore (sono
cioè esotermiche) e il riscaldamento dell'impasto non è sempre compatibile con
uno sviluppo ottimale dei lieviti. La maggior parte dei lieviti si sviluppa
molto bene tra i 20° e i 30°. Inoltre, per ogni incremento di grado tra i 20° e
i 30° si ha un aumento dell'attività fermentativa. Un'avvertenza: oltre i 30°
lo sviluppo dei lieviti risente dell'eccessivo calore al punto da arrestare la
fermentazione.
L'influenza dell'ossigeno.
La
presenza di questo gas non agisce direttamente sul lievito come fattore
limitante la crescita, ma più in generale sul suo metabolismo. In presenza di
ossigeno (durante la fase di impastamento) i lieviti respirano; in assenza di
ossigeno (fase di lievitazione) fermentano.
PH
In
generale quasi tutti i lieviti preferiscono un substrato a pH leggermente
acido. Il grado di acidità varia da ceppo a ceppo; il Saccharomyces cerevisiae
presenta un pH ottimale di 5.5.
Come
sappiamo, i protagonisti della fermentazione alcolica sono lieviti, quali sono
i funghi unicellulari di tipo Saccaromyces Cerevisiae, appartenenti al gruppo
dei Saccaromiceti, che, come gli altri esseri viventi, posseggono capacità
riproduttive e fermentative (funzionalità vitali).
Ricordiamo
che in condizioni aerobiche (in presenza di ossigeno) i lieviti si moltiplicano,
mentre in condizioni anaerobiche (in assenza di ossigeno) fermentano.
In
commercio il lievito di birra si trova generalmente in forma compressa o in
forma secca attiva. In 1 g di lievito compresso sono contenuti circa 10
miliardi di cellule che, una volta introdotte nell'impasto, se si trovano nelle
condizioni adatte cominciano a riprodursi velocemente.
La
moltiplicazione delle cellule del lievito risulta più attiva se la loro
quantità iniziale è bassa. Per esempio, se la farina dell'impasto contiene lo
0,5% di lievito, l'aumento della massa cellulare del lievito sarà dell'88%, con
il 2% di lievito la crescita sarà soltanto del 29%.
La
moltiplicazione delle cellule di lievito viene stimolata anche dalla presenza
di sostanze necessarie per il loro metabolismo come vitamine e sali minerali.
Nella farina ad alta resa questi elementi sono presenti in quantità
sufficiente, mentre nelle farine molto raffinate sono contenuti in scarsa
quantità e quindi, a volte, devono essere aggiunti nell'impasto per favorire la
moltiplicazione del lievito e la sua fermentazione.
Le
condizioni ambientali (temperatura, umidità, pH) influenzano molto la
moltiplicazione dei lieviti. La temperatura ottimale per la moltiplicazione
delle cellule del lievito è +25° +30°, mentre la loro massima attività
fermentativa viene raggiunta a +35°.
Come
si nota, i lieviti, tramite il complesso degli enzimi contenuti, trasformano lo
zucchero (glucosio) in alcol etilico e anidride carbonica. Infatti, il lievito
può nutrirsi soltanto con zuccheri semplici come il glucosio, mentre tutti gli altri
zuccheri presenti nell'impasto, per poter essere usati dal lievito, devono
essere trasformati in zuccheri semplici.
La
velocità del processo di fermentazione dipende da vari fattori:
- dalla
quantità e dalla qualità del lievito. Se la quantità del lievito è più alta e
la sua attività vitale è ottima, la fermentazione avverrà più velocemente.
Però, con una quantità di lievito eccessivamente alta (superiore al 6% dalla
quantità di farina) si avrà un effetto contrario;
- dalla
ricetta. Maggiore sarà la percentuale d'acqua nell'impasto ("tasso di
idratazione"), più veloce sarà la fermentazione;
- dal
metodo di preparazione. Gli impasti preparati con il metodo indiretto
fermentano prima rispetto agli impasti diretti;
- dalle
condizioni dell'ambiente in cui avviene la fermentazione.
La fermentazione lattica
Durante
la fermentazione (alcolica) dell'impasto si sviluppano anche altri
microrganismi, soprattutto batteri lattici. I batteri lattici dell'impasto
provengono dal lievito compresso (che li contiene in piccole quantità), ma
anche dall'ambiente e dalla farina (sono presenti in particolare nei residui di
crusca). Di conseguenza, le farine ad alta resa ne conterranno di più mentre le
farine raffinate di meno. Tutti i batteri lattici presenti nell'impasto possono
essere divisi in due gruppi in base ai prodotti che formano durante la loro
fermentazione:
-eterofermentanti
(danno numerosi prodotti);
-omofermentanti
(danno un prodotto solo).
I
batteri lattici eterofermentanti durante la fermentazione trasformano il
glucosio producendo, oltre all'acido lattico (il prodotto principale) e
all'anidride carbonica, anche altri acidi organici (acetico, butirrico ecc.).
Inoltre formano anche acetone e sostanze chimiche di odore penetrante.
I batteri
lattici omofermentanti durante la fermentazione trasformano il glucosio solo in
acido lattico. L'acido lattico contribuisce alla conservazione del prodotto,
sebbene un suo eccesso nella fase di impastamento (se la temperatura di
lavorazione supera i 26°), può
pregiudicare l'attività fermentativa dei lieviti.
Il lievito
compresso, quindi, viene aggiunto all'impasto nella quantità dal 0,5 al 5%
dalla quantità di farina, secondo la ricetta e il metodo di preparazione. La
quantità di lievito necessaria da aggiungere all'impasto dipende da una serie
di fattori:
-Dall'attività
del lievito. Se il lievito è meno attivo (ha attività enzimatica più bassa),
occorre aumentare la sua quantità nell'impasto. Invece, il lievito troppo
debole o scaduto non dovrebbe essere usato non solo per la sua scarsa efficacia
nella fermentazione, ma anche perché il suo utilizzo provocherebbe un effetto
dannoso in quanto contiene la proteina glutariona (un attivatore della
proteolisi) che svolge azione liquefacente e di rammollimento nell'impasto.
-Dal
metodo di preparazione dell'impasto. Se l'impasto è indiretto, la quantità
usata di lievito è minore (nella biga :viene aggiunto circa l'l% di lievito,
nel poolish dallo 0,5 al 2,5%). Se il pane viene preparato con la tecnologia
del freddo, la quantità di lievito deve essere lievemente aumentata, perché le
cellule del lievito vengono parzialmente inattivate dalle basse temperature.
- Dalle
condizioni dell'ambiente (temperatura e umidità). La quantità di lievito da
aggiungere all'impasto diminuisce con l'aumentare della temperatura e
dell'umidità.
-Dal
tasso di idratazione dell'impasto. Gli impasti molli fermentano prima degli
impasti asciutti e quindi richiedono meno lievito.
-Dalla
presenza dei condimenti (zucchero, grasso, uova ecc.). Se l'impasto contiene
condimenti, la quantità di lievito può essere aumentata (fino a un massimo del
6%).
A una
quantità di lievito più alta corrispondente quindi una fermentazione più attiva
dell'impasto. Una quantità di lievito eccessivamente alta (superiore al 6% per
gli impasti conditi o al 4% per gli impasti. senza condimenti) rallenterebbe
però la fermentazione dell'impasto e diminuirebbe la digeribilità del prodotto
finito. Un'elevata quantità di lievito blocca la moltiplicazione delle cellule
del lievito stesso perché l'accumulo dei prodotti tossici per le cellule del
lievito, deposti durante il loro metabolismo, è talmente alto da
"soffocare" le cellule stesse e abbassare la loro attività vitale.
Inoltre, una eccessiva quantità di lievito aggiunto nell'impasto aumenta il
contenuto di purine nel prodotto finito che risulta dannoso per l'organismo
umano e specialmente per il fegato.
Il
sale, normalmente
in panificazione è il comunissimo sale da cucina (cloruro di sodio). La
quantità di sale nell'impasto varia da 1,8 a 2,5% in base alla ricetta e al
tipo di farina utilizzata, di solito la sua percentuale è del 2% sul peso della
farina.
Esistono
alcuni tipi di pane (come il pane toscano) che non contengono sale. L'aggiunta
nell'impasto di una piccola quantità di sale (fino allo 0,5%) stimola
notevolmente l'attività delle cellule del lievito, perché neutralizza i
prodotti del loro metabolismo che hanno azione tossica nei confronti del
lievito stesso. Una quantità di sale superiore allo 0,5% rallenta invece lo
sviluppo delle cellule di lievito perché favorisce la loro plasmolisi (la
cellula viene distrutta dalla pressione del sale che ha un peso maggiore
rispetto alla cellula stessa). Il sale svolge un'azione disinfettante
nell'impasto in quanto blocca lo sviluppo e l'attività metabolica dei
microrganismi. Questo effetto disinfettante è positivo perché inibisce
parzialmente i batteri e i microrganismi patogeni responsabili delle malattie
del pane (pane filante ecc.) e della crescita delle muffe e, inoltre, inattiva
parzialmente gli altri batteri (lattici eterofermentanti e acetici) che, con la
loro fermentazione, aumentano l'acidità dell'impasto e determinano nel prodotto
un gusto e un profumo troppo forti.
Il sale
uccide le cellule del lievito con le quali viene a contatto, provocandone la
plasmolisi. Il fenomeno può essere facilmente dimostrato: aggiungendo del sale
a pezzetti di lievito compresso dopo qualche minuto fuoriesce acqua dal
lievito, perché il sale ha causato la rottura della membrana delle sue cellule. Il sale e il lievito non devono quindi
essere messi nell'impasto contemporaneamente, o si aggiunge il sale per ultimo,
dopo qualche minuto dall'impastamento, oppure per primo, aggiungendo però solo
alla fine il lievito.
Per la
sua capacità di inattivare i microrganismi, il sale non dovrebbe essere
aggiunto nei preimpasti (biga, poolish) dove si deve sviluppare la microflora
(lieviti e batteri lattici), a meno che non sia necessario
rallentare la fermentazione (per esempio nel periodo estivo quando la
temperatura dell'ambiente è eccessivamente
alta).
Lo
zucchero e materie grasse,
se aggiunti nell'impasto in quantità moderate, influiscono positivamente sulle
sue caratteristiche e su quelle del prodotto finito.
Lo
zucchero, oltre ad alimentare le cellule del lievito e quindi a stimolare la
fermentazione, determina l'aroma e la doratura della crosta del prodotto. Il
grasso, invece, svolge soprattutto azione lubrificante nei confronti della
maglia glutinica perché interagisce sia con le proteine del glutine sia con
l'amido, formando uno strato tra le particelle d'amido e le proteine e
amalgamando i vari componenti dell'impasto.
Con
l'aggiunta di materia grassa, le proteine della maglia glutinica acquistano
quindi una maggiore capacità di prolungarsi e l'impasto risulta più elastico e
malleabile. Inoltre la materia grassa, inglobando le molecole previene la
dispersione dell'acqua preservando il prodotto dal rinsecchimento.
Il processo di panificazione
In
Italia ne esistono fondamentalmente quattro:
metodo diretto - consiste nell'impastare tutti
gli ingredienti in un'unica fase
metodo diretto a temperatura
controllata -
identico al precedente ma con la differenza che l'impasto con pochissimo
lievito, viene lasciato fermentare a bassa temperatura (+4°) per periodi di
tempo abbastanza lunghi (24/36 ore), in modo da rallentare la fermentazione
alcolica e favorire la fermentazione lattica. Questo metodo è molto usato in
pizzeria.
metodo semidiretto (con pasta di riporto) - uguale
al precedente ma con l'impiego di un parte di pasta di una precedente
lavorazione e che pertanto contiene tutti i componenti di una fermentazione completa
metodo indiretto - prevede due fasi distinte. La
prima consiste in un preimpasto di farina acqua e lievito (BIGA o POOLISH), che
si lascia fermentare per un determinato periodo di tempo ad una data
temperatura, a cui poi si aggiungono gli altri ingredienti.
La BIGA
La
tecnica denominata "biga", consiste in una lavorazione prolungata
suddivisa in due fasi. La prima è un preimpasto costituito da una quantità di
farina (rigorosamente forte, almeno 300 W) impastata col 55% di acqua ed una
piccolissima quantità di lievito di birra (da un minimo dello 0,5% ad un
massimo del 2% sulla farina), e senza
sale.
L'impastamento deve essere breve, nel senso che non si deve ottenere una pasta troppo liscia, in quanto con una lavorazione prolungata si accelerano i processi fermentativi.
La temperatura di fermentazione influisce sulla durata della fermentazione stessa. Ciò significa che se vogliamo allungare i tempi per favorire uno sviluppo dei microrganismi più graduale, ad esempio con una biga da 48 ore, dobbiamo tenerla in frigo (+4°), per le prime 24 ore e poi a +18° per il tempo restante. Mentre se vogliamo preparare una biga da 16 ore va tenuta direttamente a temperatura ambiente (+18°). Inutile dire che più i tempi sono lunghi migliore sarà il risultato finale.
Altrettanto dicasi per la temperatura dell'acqua. Evitando (pur preziose) nozioni tecnologiche, è preferibile adottare un piccolo accorgimento: acqua fredda, dal frigo, in estate, ed acqua a temperatura ambiente in inverno. Mentre per la fermentazione è consigliabile effettuarla in frigo in estate, ed a temperatura ambiente in inverno.
Per completezza di informazione più sotto si riporterà un tabella per un calcolo della temperatura dell'acqua più preciso.
L'impastamento deve essere breve, nel senso che non si deve ottenere una pasta troppo liscia, in quanto con una lavorazione prolungata si accelerano i processi fermentativi.
La temperatura di fermentazione influisce sulla durata della fermentazione stessa. Ciò significa che se vogliamo allungare i tempi per favorire uno sviluppo dei microrganismi più graduale, ad esempio con una biga da 48 ore, dobbiamo tenerla in frigo (+4°), per le prime 24 ore e poi a +18° per il tempo restante. Mentre se vogliamo preparare una biga da 16 ore va tenuta direttamente a temperatura ambiente (+18°). Inutile dire che più i tempi sono lunghi migliore sarà il risultato finale.
Altrettanto dicasi per la temperatura dell'acqua. Evitando (pur preziose) nozioni tecnologiche, è preferibile adottare un piccolo accorgimento: acqua fredda, dal frigo, in estate, ed acqua a temperatura ambiente in inverno. Mentre per la fermentazione è consigliabile effettuarla in frigo in estate, ed a temperatura ambiente in inverno.
Per completezza di informazione più sotto si riporterà un tabella per un calcolo della temperatura dell'acqua più preciso.
Durante
questo periodo di fermentazione, il lievito ed i batteri lattici si
moltiplicano in maniera esponenziale, per cui alla fine del tempo programmato,
avremo una massiccia presenza di microrganismi pronti a fermentare anche la
seconda quantità di farina che si andrà ad aggiungere, in base alla ricetta in
esecuzione.
Il risultato finale, proporzionalmente alla durata della fermentazione del preimpasto, sarà di altissimo valore, e nettamente superiore al medesimo impasto preparato con metodo diretto (classico), ossia con lievito di birra senza preimpasto, per alcuni di questi fattori:
Il risultato finale, proporzionalmente alla durata della fermentazione del preimpasto, sarà di altissimo valore, e nettamente superiore al medesimo impasto preparato con metodo diretto (classico), ossia con lievito di birra senza preimpasto, per alcuni di questi fattori:
Ø
prodotto
finale molto leggero e digeribile per l'azione combinata dei microrganismi e
degli enzimi, l'amido viene scisso quasi totalmente in zuccheri semplici,
mentre le proteine vengono in parte demolite.
Ø
maggiore
conservabilità per la presenza di acido lattico.
Ø
gusto
e profumo più intenso per la presenza delle sostanze volatili (acido acetico,
alcol).
Ricapitolando,
la tecnica della biga si può così riassumere:
ü
doppio
impasto con suddivisione della farina e dell'acqua complessive.
ü
bassissimo
impiego di lievito di birra.
ü
temperatura
dell'acqua e dell'ambiente di fermentazione inversamente proporzionale alla
durata della biga.
Una
volta che la biga ha terminato il tempo di fermentazione programmato, diventa
essa stessa un'enorme massa di lievito che fermenterà gli zuccheri che verranno
aggiunti con la farina (e quelli del saccarosio eventualmente previsto nella
ricetta), per cui è richiesto una seconda fase di lievitazione, che però, per
la massiccia presenza di lieviti della biga, potrà essere molto più breve, 2/3
ore.
CALCOLO DELLA TEMPERATURA
DELL'ACQUA nella BIGA
Si
consideri che la farina in genere ha una temperatura di 1 grado in meno
quella ambientale, e che la formula prevede un valore costante di 55.
valore
costante (55) - temperatura ambiente - temperatura farina = temperatura
acqua
Ipotizzando
una temperatura ambiente di 25° si avrà:
valore
costante 55-
temp.
ambiente 25-
temp.
farina 24=
temp. acqua 6
temp. acqua 6
Il POOLISH
A
differenza della BIGA è un preimpasto liquido, ottenuto con una stessa quantità
di acqua e farina è un impiego di lievito variabile in funzione del tempo di
fermentazione e della temperatura ambiente. La temperatura media consigliata
per una corretta fermentazione è di 20-22°.
Possiamo
quindi schematizzare come segue il dosaggio del lievito nel poolish:
·
1-2
ore: 2,5-3%
·
4-5
ore: 1,5%
·
7-8
ore: 0,5%
·
10-12
ore: 0,2%
·
15-18
ore: 0,1%
CALCOLO DELLA TEMPERATURA
DELL'ACQUA nel POOLISH
Si
consideri che la farina in genere ha una temperatura di 1 grado in meno
quella ambientale, e che la formula prevede un valore costante di 70.
valore
costante (70) - temperatura ambiente - temperatura farina = temperatura
acqua
Ipotizzando
una temperatura ambiente di 25° si avrà:
valore
costante 70-
temp.
ambiente 25-
temp.
farina 24=
temp. acqua 21
temp. acqua 21
Anche in
questo caso si possono superare i valori scientifici che servono per un
processo industriale o comunque di ambito professionale, che non ammette la
minima variabile, mentre per una produzione casalinga si può tranquillamente
procedere in maniera empirica usando acqua dal frigo in estate ed acqua a
temperatura ambiente in inverno.
Vantaggi
del metodo indiretto:
ü
Gusto
e profumo più ricchi ed intensi per effetto della fermentazione lattica che
produce acidi organici.
ü
Maggior
sviluppo e resa per una maggior estensibilità della maglia glutinica
ü
maggiore
digeribilità perché l'amido è stato scisso e le proteine parzialmente degradate
ü
maggiore
conservabilità, e maggior resistenza agli agenti patogeni per la presenza di
acido lattico
ü
accelerazione
dei tempi finali di impastamento e lievitazione
ü
minore
impiego di lievito con conseguente riduzione di reazioni gastriche
Svantaggi
del metodo diretto:
ü
costi
più alti dovuti impiego di farine più costose
ü
necessità
di avere spazi di conservazione del preimpasto
La
laminazione.
Subito
dopo l'impastamento, alcuni tipi di impasto possono essere sottoposti alla
laminazione (cilindratura dell'impasto), passando attraverso i rulli di un
cilindro che li rende più lisci e compatti, oppure, in ambito casalingo, utilizzando
un matterello e sottoponendo l'impasto a due/tre cicli di laminazione. Questa
operazione si effettua soprattutto con gli impasti asciutti.
Gli
impasti molli non possono essere cilindrati mentre per gli impasti morbidi
l'operazione della cilindratura è facoltativa e, se effettuata, solo con pochi
passaggi. La laminazione dell'impasto serve per ottenere un prodotto di volume
maggiore e con mollica più sviluppata, fine e omogenea, con alveoli più piccoli
e numerosi.
Simili
risultati si possono conseguire anche con le "pieghe". Per
verificar10 basta prendere un impasto della ricetta morbida e dividerlo a metà,
con una porzione formare delle pieghe lasciando l'altra soltanto a fermentare:
nel primo caso il prodotto finito risulterà voluminoso, con la mollica più
sviluppata e omogenea, mentre nel secondo il volume sarà inferiore e la mollica
meno fine. Queste differenze sono dovute al fatto che, all'inizio della
fermentazione, il glutine dell'impasto è ancora debole e le bollicine del gas
(CO) lo rompono facilmente e formano bolle più grandi. Se l'impasto è privo di
pieghe, la porosità non si presenta omogenea, ma con alveoli grossi e
irregolari (simile alle mollica della ciabatta). Durante la cilindratura o la
formazione delle pieghe, le bolle più grosse di anidride carbonica fuoriescono
dall'impasto e, successivamente, si creano numerose bollicine che determinano
la struttura della mollica (più omogenea e più fine) nel prodotto finito
ottenuto da un impasto più lavorato:
La
laminazione dell'impasto influisce anche sull'attività del lievito. In un
impasto non schiacciato l'intensità della fermentazione diminuisce lentamente
perché le cellule del lievito, durante la fermentazione, sono ferme
nell'impasto, quindi consumano gli zuccheri della stessa zona che si
impoverisce progressivamente di sostanze nutritive. Nello stesso tempo,
l'apporto di nuove sostanze nutritive è ostacolato dalla densità dell'impasto
(soprattutto se del tipo asciutto) e, nella zona attorno alle cellule del
lievito, si accumulano i prodotti tossici del loro metabolismo che agiscono da
inibitori (abbassano l'attività della cellula e, se la loro quantità è troppo
alta, la inattivano completamente).
Con la
laminazione o con la formazione di pieghe, la massa dell'impasto viene
rimescolata e le zone intorno alle cellule del lievito rinnovate, permettendo
alle cellule di nutrirsi e ai prodotti tossici di venire eliminati. La
fermentazione risulta di conseguenza più attiva e il volume dell'impasto
aumenta in breve tempo.
La
laminazione moderata dell'impasto influisce positivamente sulle caratteristiche
organolettiche (aroma e gusto) del prodotto finito perché, durante la
lavorazione dell'impasto, fuoriescono alcune sostanze volatili (prodotte dai
batteri lattici, acetici ecc.) che possono conferire al prodotto finito un
gusto e un profumo troppo forti; invece la laminazione eccessiva può
deteriorare le caratteristiche organolettiche e strutturo-meccaniche dell'impasto.
Lo scopo
principale della laminazione dell'impasto o della formazione delle pieghe è
rinforzare la consistenza e resistenza dell'impasto che, durante la
lavorazione, utilizza l'ossigeno dell'aria per formare nuovi legami disolfurici
nel glutine che aumentano la resistenza della maglia.
Puntatura e pirlatura
La
puntatura e la pirlatura sono due fasi immancabili per una corretta lavorazione
di un impasto lievitato.
La puntatura consiste in un riposo della massa su un piano lavoro, che va dai 15 minuti per impasti semplici, fino a 1 ora per quelli complessi come i grandi lievitati.
La puntatura consiste in un riposo della massa su un piano lavoro, che va dai 15 minuti per impasti semplici, fino a 1 ora per quelli complessi come i grandi lievitati.
Durante
questa fase, il glutine che è stato sollecitato a formarsi con l'impastamento,
si consolida, e la fermentazione alcolica si attiva. Dalla durata della puntatura
dipende anche l'ampiezza degli alveoli, in quanto un
glutine sviluppato ha una maggiore capacità meccanica di sopportare
la spinta dell'anidride carbonica.
La
pirlatura (pirla=trottola), si effettua dopo la puntatura e consiste nel
far effettuare alla massa già spezzata nelle quantità date, una movimento
rotatorio su se stessa con contestuale strofinamento sul piano.
Esistono varie tecniche, in base alla formazione dell'operatore ed in base alla
consistenza della massa, a tal proposito ci si può aiutare o meno con l'uso di
un tarocco da pasticciere.
La pirlatura serve a superare quegli inconvenienti tecnici dati da un impasto molto molle (molto idratato), altrimenti difficile da manipolare, destinato a collassare durante la lievitazione e durante la cottura. La pirlatura infatti serve a conferire ulteriore consistenza e stabilità alla maglia glutinica, ed a creare una sorta di involucro esterno, una sorta di membrana (come un palloncino pieno di acqua) che trattiene al suo interno tutte le sostanze volatili che poi si espanderanno per effetto del calore della cottura. La differenza tra due prodotti di cui uno "puntato e pirlato" ed un altro no, è notevole! Un prodotto correttamente lavorato avrà un maggior sviluppo complessivo pari circa al 30% ed una cottura migliore perché una buona alveolatura favorisce la penetrazione omogenea del calore all'interno della "maglia glutinica"
La pirlatura serve a superare quegli inconvenienti tecnici dati da un impasto molto molle (molto idratato), altrimenti difficile da manipolare, destinato a collassare durante la lievitazione e durante la cottura. La pirlatura infatti serve a conferire ulteriore consistenza e stabilità alla maglia glutinica, ed a creare una sorta di involucro esterno, una sorta di membrana (come un palloncino pieno di acqua) che trattiene al suo interno tutte le sostanze volatili che poi si espanderanno per effetto del calore della cottura. La differenza tra due prodotti di cui uno "puntato e pirlato" ed un altro no, è notevole! Un prodotto correttamente lavorato avrà un maggior sviluppo complessivo pari circa al 30% ed una cottura migliore perché una buona alveolatura favorisce la penetrazione omogenea del calore all'interno della "maglia glutinica"
Che cosa succede
durante la cottura
La
cottura è un processo di riscaldamento delle forme lievitate che trasforma
l'impasto in prodotto cotto. Durante la cottura avvengono numerosi fenomeni:
sviluppo in volume del prodotto, formazione della mollica e della crosta,
produzione di aromi e della caratteristica colorazione del pane, diminuzione
dell'umidità e del peso. Se il prodotto è stato correttamente preparato,
durante la prima fase della cottura assisteremo ad un suo sviluppo repentino.
Questo fenomeno è dovuto ad un'accelerazione dell'attività dei microrganismi,
che sollecitati dal calore aumentano la loro attività metabolica, producendo
alcol, acidi vari ed anidride carbonica. Contemporaneamente il gas prodotto
viene espanso, mentre una parte delle sostanze
liquide e volatili come acqua, acidi ed alcol etilico sempre per effetto del
calore passano dallo stadio liquido allo
stadio gassoso spingendo così la massa e contribuendo all'espansione degli
alveoli della mollica. Questo fenomeno avviene correttamente quando la
struttura della maglia glutinica non è stata danneggiata da una prolungata
lievitazione.
Un corpo
può ricevere il calore in tre modi:
-per
conduzione, quando il calore viene trasmesso da un corpo soli
do
all'altro se messi a contatto diretto tra loro. Esempio: una mano appoggiata
sul calorifero caldo si riscalda per conduzione;
-per
convenzione, quando una quantità di particelle liquide o gasso
se si
sposta portando con sé il calore. Esempio: entrando in una sauna, il corpo
umano viene investito dall'aria calda e dal vapore acqueo e riceve il calore
per convenzione;
-per
irraggiamento, quando il calore viene trasmesso nello spazio attraverso le onde
elettromagnetiche. Esempio: il calorifero di una stanza trasmette il calore
all'aria che lo circonda soprattutto con l'irraggiamento, ma anche con la
convenzione se l'aria calda si muove all'interno della stanza.
Il pezzo
dell'impasto, quando viene sottoposto a cottura, riceve il calore che gli viene
trasmesso attraverso i tre metodi descritti, secondo il tipo di forno usato.
Nei panifici artigianali, vengono maggiormente utilizzati i forni "a
platea" e rotativo, molto diversi tra loro e con sistema di cottura
totalmente diversa.
Nel
forno "a platea" la camera di cottura è orizzontale, il prodotto
viene infamato direttamente sulla platea o su teglie. Il prodotto all'interno
della camera di cottura di un forno "a platea"è fisso e riceve il
calore sia per conduzione (dalla platea) sia per convenzione (dall'aria calda,
dal vapore acqueo) sia per irraggiamento (dalle pareti laterali e dal
"cielo"). Il prodotto cotto nel forno "a platea" aumenta
velocemente di volume all'inizio della cottura e risulta più grande al centro
che ai lati.
Non
appena inserito in forno un pezzo di pane viene investito dal calore e la
superficie raggiunge rapidamente i 100°, a fine cottura arriva a 140/160°,
mentre la mollica verrà investita in maniera graduale e progressiva, solo a
fine cottura raggiunge i 95/100°.
I
fattori che influenzano la cottura sono così schematizzabili:
ü
temperatura
della camera di cottura
ü
umidità
della camera di cottura, derivante dalla volatilizzazione dell'acqua contenuta
nell'impasto e dal vapore eventualmente aggiunto prima e durante la cottura. Il
vapore in ambito casalingo si aggiunge o spruzzando un po' di acqua sulle
pareti interne del forno o inserendo nel forno stesso un pentolino di metallo
pieno di acqua sin dall'inizio. L'umidificazione è un accorgimento molto
prezioso in quanto, essendo il pezzo di pasta ad una temperatura relativamente
bassa (circa 30°), sulla sua superficie condensa il vapore contenuto nella
camera, che viene in parte assorbito dalla porosità dell'impasto stesso. Con la
condensazione del vapore si deposita anche il calore in esso contenuto, per cui
la cottura avviene in minor tempo ed in modo più graduale. Quando la
temperatura del pane raggiunge i 100° (temperatura di ebollizione dell'acqua),
avviene il processo inverso. Inoltre una buona dose di vapore rallenta la
formazione della crosta con conseguente maggiore estensibilità e sviluppo;
rallenta la caramellizzazione degli zuccheri con conseguente colorazione
graduale della superficie.
ü
massa
e forma del pezzo di pasta, i formati più grandi richiedono, a parità di peso,
maggior tempo (es. 10 pagnotte di 100 gr richiedono meno tempo di una sola
pagnotta da 1 kg), perché il calore deve superare un ostacolo maggiore per
penetrare al cuore del prodotto. Altrettanto dicasi per una forma alta che
richiede maggior tempo rispetto ad una forma schiacciata.
ü
tasso
di idratazione, una maggior idratazione dell'impasto riduce i tempi di cottura
in quanto il liquido dell'impasto si riscalda più facilmente.
ü
porosità
e grandezza degli alveoli, con alveoli più aperti la migrazione del calore
avviene più rapidamente.
ü
spessore
della crosta, una crosta spessa (dovuta ad eccessiva a asciugatura della pasta
prima di infornarla) rende meno accessibile il calore all'interno della forma.
Ricettario
Pane di rimacinato metodo indiretto (14/16 ore)
Biga:
·
farina di rimacinato 500 g
·
acqua 250 g
·
lievito 5 g
Impastare per 10/12
minuti quindi mettere a fermentare per il tempo programmato.
Impasto:
·
biga
·
farina di rimacinato 500 g
·
acqua (60% sul totale della farina) 350 g
·
lievito (2% sul totale della farina aggiunta) 10 g
·
malto o zucchero (0,5% sul totale ella farina) 5 g
·
sale 22 g
Impastare la biga col
resto degli ingredienti aggiungendo il sale solo alla fine. Lasciar riposare il
pastone, spezzare, e arrotondare le forme ben strette. Lasciar riposare per
50/60 minuti con chiusura sopra. Capovolgere e incidere una croce sopra.
Cuocere a 230° con poco vapore lasciando alla fine della cottura la porta del
forno semiaperta per far uscire il vapore.
Ciabatta con Biga
(metodo indiretto)
biga di 20/24 ore:
farina tipo 00 W 320
|
1.000 g
|
acqua
|
440 g
|
lievito
|
10 g (5 in estate)
|
impastare per 15 minuti
·
biga come sopra
·
farina W 260 100 g
·
acqua (70% sul totale della farina) 330 g
·
lievito (2% sulla farina aggiunta) 2 g
·
malto o zucchero (1% sul totale della farina)
11 g
·
sale (2% sul totale della farina) 22g
preparare la biga e dopo le 20/24
ore impastarla con gli altri
ingredienti, tranne il sale che sarà aggiunto a metà impasto e il 20% di acqua
che sarà aggiunta lentamente dopo il sale. Lasciar riposare in un contenitore
unto d'olio a 27° per 35/40
minuti, poi rovesciare delicatamente la
pasta sul tavolo da lavoro, dividere in pezzi del peso desiderato e sistemarli
su tavole ben infarinate con la parte del taglio rivolta verso l'alto. Lasciar
lievitare per 35-40 minuti, poi girare delicatamente e allungare leggermente.
Infamare con vapore a 230-240° C, terminando la cottura con tiraggio aperto. Il
tempo di cottura è determinato dalla pezzatura.
Ciabatta con semola di grano duro
Ingredienti biga (16/18 ore): farina 00 W 320
|
500 g
|
farina di semola di grano duro rimacinata
|
500 g
|
acqua
|
500 g
|
lievito
|
10 g
|
·
biga
·
farina di semola rimacinata di grano duro 100 g
·
acqua (70% sul totale della farina) 270 g
·
lievito (2% sulla farina aggiunta) 2g
·
malto o zucchero (0,5% sul totale della farina) 5 g
·
sale (2% sul totale della farina) 22 g
|
preparare la biga e dopo le 16/18
ore di fermentazione impastarla con gli altri ingredienti, tranne il sale che
sarà aggiunto a metà impasto e il 20% di acqua che, sarà aggiunta lentamente
dopo il sale. Lasciar
riposare l'impasto in un contenitore unto d'olio per 40 minuti circa, poi
rovesciare delicatamente la pasta sul tavolo da lavoro, dividere in pezzi del
peso desiderato e sistemarli su tavole ben infarinate con la parte del taglio
rivolta verso l'alto. Coprire e lasciar lievitare per 35/40 minuti, poi girare
delicatamente e allungare leggermente i pezzi. Infamare con vapore a 230/240°
C. Il tempo di cottura è/determinato dalla pezzatura.
Rosetta soffiata
Preparazione della biga
Ingredienti:
Farina: 1 Kg (W compresa tra 280 e 330).
Acqua: 0,44 l -44.0% della farina.
Lievito: 10 g -1.0% della farina (in estate
5 g).
Impastare tutti gli ingredienti per 15
minuti
Preparazione
dell'impasto
Ingredienti dell'impasto:
·
Biga.
·
Farina: 100 g -10.0% sul totale della farina
·
Acqua: 0.160 l -53.0% in totale e sul totale
della farina
·
Sale: 22 g -2.0% sul totale della farina
·
Malto: 10 g -1.0% sul totale della farina
Procedimento
Impastare tutti gli ingredienti
tranne il sale che verrà aggiunto verso la fine di questa fase. Lasciare
riposare l'impasto 5-10 minuti in funzione della sua forza e cilindrare due o
tre volte. Dividere l'impasto in pezzi del peso voluto e formare un pastone ,
ungendolo successivamente con olio di oliva (è consigliabile coprire con tele di
plastica). Lasciar lievitare a temperatura ambiente per circa 40 minuti.
Spezzare e stampare con l'apposito stampo per rosette o con un tagliamela.
L'operazione di stampaggio si effettua regolando la pressione degli stampi in funzione
della forza dell'impasto. Coprire i pezzi di pasta stampati con una tela di
plastica. Se l'impasto è
debole
si consiglia di lasciare rivolta la stampatura verso il basso e di girare le
forme prima di infornare. Lasciar lievitare circa 40 minuti a temperatura
ambiente. Infornare a 240-250°, con vapore prima e dopo l'infornamento.
pan canasta
ingredienti per pirottino del
tipo per panettone milanese (circa 1
kg di prodotto finito):
pre-impasto (18/20 ore)
farina americana del tipo “Manitoba” 100 gr.;
lievito di birra 5 gr.; Acqua 50 gr.;
impastare per bene e lasciar lievitare per 18/20 ore.
Secondo impasto:
·
150 gr. della pasta “di riporto o biga” di cui
sopra;
·
500 gr. Farina forte (manitoba);
·
50 gr. tuorli
·
100 gr. uova intere;
·
150 gr di burro;
·
20 gr. di miele;
·
5 gr. lievito di birra
·
15 gr. sale (da aggiungere rigorosamente alla
fine della lavorazione);
·
50 gr. acqua
Brioscine palermitane
farina
"00" 300 W gr. 1.000
uova
1
acqua
ml 550
lievito
compresso gr. 40
strutto
gr. 100
zucchero
gr. 50
sale
gr 10
LAVORAZIONE
Preparare
un lievitino con il compresso, un po' d'acqua e 50 gr. di farina. Lasciar
lievitare per 1 oretta. Impastare il resto della farina, il sale lo zucchero, e
gradualmente l'acqua. Alla fine l'uovo. Far incordare per bene, poi aggiungere
lo strutto e far riprendere la corda. Lasciar riposare 1 oretta, e poi
utilizzare la pasta per brioscine, panini da farcire o pizzette. Lasciar
lievitare ancora, per un periodo che da da un minimo di 1 ora ad un max di 2.5
a seconda della temperatura di lievitazione. A piacere spennellare con uovo e
guarnire con sesamo o altri semini prima di infornare. Cuocere a forno già
caldo 190°.
Variante
con Biga:
(stessi
ingredienti ma con soli 15 grammi di lievito di birra):
prendere
500 gr. della farina complessiva ed impastare con 300 gr di acqua e 5 gr di
lievito. Mettere a lievitare al coperto e a temperatura ambiente per circa
16/18 ore. Passato tale periodo proseguire come previsto nella ricetta ed
aggiungendo il restante lievito di birra.
Pane misto nero di Tumminia (metodo
diretto temperatura controllata)
·
1000 gr farina "forte"
·
500 gr farina integrale di tumminia
·
8/900 gr acqua
·
15 gr lievito compresso
·
25 gr sale
A scelta si possono aggiungere anche un po' di semini aromatici, tipo: girasole, zucca, lino, papavero, per conferire ulteriore gusto e nutrienti. Impastare per 20 minuti, quindi puntare mezz'ora, e pirlare 2/3 volte. Spargere abbondante farina su un canovaccio di tela grossa, sistemare la pasta con la chiusura rivolta verso l'alto, racchiudere il canovaccio e sistemare in una cesta o ciotola almeno il doppio della massa di pane. Lasciar lievitare in frigo per 15/16 ore, quindi proseguire la lievitazione a temperatura ambiente per altre 2/3 ore. Terminata la fase di lievitazione capovolgere con massima delicatezza la massa su una teglia rivestita di carta forno e cuocere a 190° con vapore, il tempo necessario in base alla dimensione delle forme.
Pane in cassetta (pan
carrè)
Ingredienti ( per 1 cassetta da circa 1 kg):
·
BIGA di 18 ore composta da 150 gr di farina,
100 di acqua e 2 gr di lievito compresso
·
550 g di farina bianca “00” (W350);
·
10 gr lievito compresso,
·
1 tuorlo d'uovo;
·
15 gr. di sale;
·
2 cucchiai di miele;
· 300
gr latte intero fresco.
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